L’Italia deve rompere il silenzio sul regime di Maduro, che ha precipitato nella miseria un paese dove peraltro vive una vasta comunità italiana.

“Maduro governa sulle ceneri di un paese ormai distrutto”, scriviamo nella petizione Venezuela Libre lanciata con +Europa, per impegnare il governo italiano a unirsi alla UE e al Gruppo di Lima nel disconoscere Nicolás Maduro e il regime chavista che mette in ginocchio il popolo venezuelano da ormai un ventennio.
Ma perché parlare di Venezuela in questo momento è realmente prioritario?
LE RICCHEZZE DEL PAESE
Il Venezuela, come buona parte dell’America Latina, è uno dei paesi sulla carta più ricchi del mondo: la Repubblica Bolivariana ospita infatti svariati giacimenti petroliferi e diverse miniere d’oro, una delle quali è attualmente in costruzione nel bel mezzo del Bacino dell’Orinoco — in barba alla tutela della foresta amazzonica, delle acque dei sette fiumi che attraversano l’area, e dei 54 mila indigeni che abitano la zona che si nutrono dei pesci dei fiumi che stanno venendo prosciugati.
Nonostante queste immense ricchezze, il Venezuela è uno dei paesi con il debito pubblico più alto al mondo, in costante guerra economica con gli Stati Uniti a colpi di dazi imposti dagli USA e presunte nuove monete digitali venezuelane per aggirare l’ennesimo ostacolo posto dal Pentagono.
POLITICA ED ECONOMIA
L’aspetto puramente politico del Venezuela certamente non rincuora.
Era il 1999 quando Hugo Chávez venne eletto presidente per la prima volta: da allora, la Repubblica Bolivariana portò avanti politiche fortemente anticapitaliste, che crearono presto una situazione di povertà che si diffuse a macchia d’olio nel corso degli anni.
Tuttavia, non si può negare che Chávez quantomeno cercò di dare una parvenza di interesse nei confronti della politica estera e delle necessità del mercato (ricordiamo i giacimenti petroliferi).
Con la sua morte e la salita al potere di Nicolás Maduro, ministro degli interni uscente, nel 2013 la situazione iniziò a degenerare completamente, a partire dalle modalità della sua stessa elezione: arrivarono alle autorità più di 3.200 denunce di irregolarità relative allo svolgimento delle elezioni, e visto lo scontento popolare, uno dei primi atti di Maduro in qualità di presidente fu quello di vietare ogni tipo di manifestazione contro il governo.
Gli scompensi della rete elettrica presentatisi per la prima volta nel 2009 sotto il governo di Chávez, nel 2013 diventarono insostenibili, arrivando a toccare il record del 70% del paese sprovvisto di luce, in particolar modo nelle zone rurali (situazione tuttora persistente).
Anche le politiche anticapitaliste proseguirono indisturbate, portando così il Venezuela a battere, anno dopo anno, il proprio record negativo di inflazione: dal 58% del 2013 (seconda inflazione più alta al mondo solo dopo quella della Siria in piena guerra civile) al 10 milioni per cento attuale.
Inoltre, nel 2018 le tre più prestigiose università venezuelane hanno condotto la “Inchiesta sulle condizioni della vita”, rivelando che il 48% delle famiglie venezuelane non ha i mezzi necessari per sopravvivere: ricordiamo che dal 2020, dopo diversi aumenti, il governo venezuelano ha fissato lo stipendio minimo a 2.500 bolívares. Un chilo di carne costa circa 2.300 bolívares.
A completare il quadro economico sono i dati della Pdvsa (la compagnia petrolifera statale), che dimostrano che i pagamenti in petrolio a imprese russe e cinesi in cambio di prestiti arrivano a 735.000 barili al giorno, vale a dire il 42% dell’attuale export giornaliero del Venezuela, portando al collasso il gigante del petrolio.
Abbiamo poi le elezioni presidenziali del 2018 e le legislative del 2020, entrambe considerate illegittime dalla comunità internazionale, tanto dall’Unione Europea quanto dagli USA e dalle stesse Nazioni Unite.
Le presidenziali del 2018 furono un susseguirsi di irregolarità e di brogli elettorali fatti quasi alla luce del sole, che consistevano nell’accorciare notevolmente i tempi per l’iscrizione ai registri elettorali, nel dare soli tre giorni per la postulazione dei candidati (contro i quasi quattro mesi del 2012), e inabilitando alla candidatura buona parte dei membri delle opposizioni.
Per questo la comunità internazionale definì illegittima la rielezione di Maduro, riconoscendo, nel gennaio 2019, presidente ad interim Juan Guaidó, presidente della Asamblea Nacional e pertanto la figura costituzionalmente preposta a ricoprire la presidenza in fase transitoria.
Tuttavia, anche la nomina di Guaidó a presidente del Venezuela risulta ambigua, in quanto nominato presidente prima dagli USA che dallo stesso popolo venezuelano, confermando così la tradizione statunitense di interferenza nella politica latinoamericana.
Tuttavia, la pagina più nera della politica venezuelana recente è rappresentata dalle elezioni legislative del 6 dicembre 2020, che, come da previsioni, si sono rivelate un vero e proprio guazzabuglio di accordi sottobanco e giochi di potere.
Con un’astensione del 69% e la comunità internazionale ormai unitamente contraria alla presidenza di Maduro, l’ex ministro degli interni si è visto costretto a rompere ogni futile rimasuglio di quella facciata di interesse verso la reputazione del Venezuela nel panorama politico mondiale, coinvolgendo delegazioni di Russia, Cina, Turchia e Iran affinché legittimassero la sua elezione a presidente della Asamblea Nacional.
Inoltre, è da sottolineare come la maggior parte dell’opposizione a Maduro non si sia nemmeno candidata alle elezioni per protesta in relazione ai palesi brogli elettorali che Maduro stava architettando in vista delle elezioni legislative; Guaidó in prima persona ha aderito a tale boicottaggio.
Tale decisione, se da un lato ha ulteriormente palesato le irregolarità circa la candidatura di Maduro, dall’altro ha automaticamente estromesso Guaidó dalla corsa per la riconferma a presidente della Asamblea Nacional, precludendogli quindi la possibilità di essere la figura costituzionalmente preposta per essere nomitato presidente ad interim.
Da sottolineare, infine, l’iniziativa storica del governo colombiano presentata lo scorso 8 febbraio dal presidente Iván Duque, relativa all’instaurazione di uno Statuto di Protezione Temporanea della durata di dieci anni che consentirà la regolarizzazione dei migranti venezuelani presenti sul territorio colombiano: a questi ultimi saranno garantite le tutele sanitarie di base, incluso il vaccino contro il Covid-19, accoglienza e protezione dalla barbarie del regime di Maduro.
Infine, non si può ignorare l’espulsione dal Venezuela dell’ambasciatrice dell’Unione Europea Isabel Brilhante Pedrosa dello scorso 24 febbraio: l’ennesima manifestazione di totale disinteresse di Maduro nei confronti dei principi dello Stato di diritto.
SOCIETÀ
Il dramma prosegue quando entriamo nella sfera sociale, umanitaria e, quindi, nella profonda crisi sanitaria del Venezuela.
La pandemia di COVID-19 è solo l’ultimo drammatico apparente colpo di grazia alla già delicatissima situazione sanitaria della Repubblica Bolivariana.
Come testimonia Amnesty International: «In Venezuela le persone fuggono da una situazione agonizzante che ha trasformato patologie trattabili in questioni di vita o di morte. I servizi sanitari di base sono al collasso e trovare farmaci essenziali è una lotta costante: a migliaia di persone non resta che cercare cure mediche all’estero».
Anche la testimonianza di un ex primario di uno degli ospedali ostetrici più importanti dell’America Latina dimostra non solo come la situazione sanitaria sia delicata e ricada in particolar modo sulle donne, ma anche come il personale sanitario che tenta di portare alla luce questi problemi venga perseguitato, radiato, minacciato, e perfino rapito.
Senza poi contare i giornalisti e i blogger anch’essi rapiti, i membri dell’opposizione spariti dalla circolazione e ritrovati esanimi giorni dopo, i manifestanti arrestati e in qualche caso uccisi dai gruppi paramilitari denominati los colectivos, di fatto il braccio armato del governo che compie le azioni più efferate che gli agenti in divisa “ufficiali” non possono compiere alla luce del sole per sedare le manifestazioni.
LE PROPOSTE
In questo scenario, l’Italia non può continuare a restare a guardare.
Il 21 gennaio 2021 il Parlamento Europeo ha votato per condannare il regime di Maduro in Venezuela e indire nuove elezioni legislative dopo la frode elettorale del 6 dicembre scorso.
Ma i due principali partiti italiani, PD e MoVimento 5 Stelle, si sono incredibilmente astenuti, confermando il silenzio italiano sulla questione venezuelana, per altro in spregio alla vastissima comunità italiana che vive in Venezuela da generazioni.
Per questi motivi, richiediamo:
- al Parlamento della Repubblica Italiana di prendere una posizione netta sulla questione venezuelana, affinché venga ripristinato il sistema democratico della Repubblica Bolivariana del Venezuela attraverso un processo pacifico e diplomatico, appellandoci in particolar modo alle forze politiche che hanno governato con il presidente uscente Giuseppe Conte e che finora non hanno preso posizione, seguendo le indicazioni dell’ex premier che nel gennaio 2019 dichiarò: «Auspichiamo la necessità di una riconciliazione nazionale e di un processo politico, che si svolga in modo ordinato e che consenta al popolo venezuelano di arrivare quanto prima a esercitare libere scelte democratiche»;
- al Parlamento della Repubblica Italiana di condividere la volontà del Gruppo di Lima, che si è dichiarato contrario a un intervento militare in Venezuela, continuando, invece, a fare pressione affinché venga ripristinato in modalità pacifica e diplomatica il sistema democratico venezuelano;
- al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio di iniziare un dialogo con il governo di Caracas e dei paesi vicini affinché venga espressa la preoccupazione dell’Italia e la disponibilità da parte del nostro Paese a fare pressioni, tramite modalità pacifiche e diplomatiche, affinché venga ristabilito il sistema democratico;
- al Parlamento della Repubblica Italiana di dichiarare il gruppo de los colectivos un’organizzazione terroristica a tutti gli effetti, seguendo l’appello del Presidente ad interim Juan Guaidó, seguendo il fine pacifico e diplomatico di questa proposta;
- al Parlamento della Repubblica Italiana di seguire la linea del Parlamento Europeo che in data 31 gennaio 2019 disconobbe Nicolás Maduro dal ruolo di Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela;
- al Parlamento della Repubblica Italiana di garantire ai venezuelani uno status di rifugiati, seguendo il modello del Regno Unito con Hong Kong e della Colombia in relazione allo stesso Venezuela;
- al Parlamento della Repubblica Italiana di insistere affinché venga portato avanti con costanza e determinazione l’obiettivo del cosiddetto “Meccanismo di Montevideo”, che richiede:
- elezioni presidenziali libere e credibili;
- il ripristino dei poteri dell’Assemblea Nazionale;
- la restaurazione di democrazia e Stato di diritto;
- libero ingresso all’aiuto umanitario.
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