A che punto siamo con la lotta che è diventata un simbolo per tutti i nuovi lavoratori della “gig economy”

Facciamo un piccolo riassunto della situazione dei rider e delle loro proteste.
PERCHÉ I RIDER HANNO AVVIATO LA PROTESTA
I rider stanno protestando contro la firma del “CCNL rider” (entrato in vigore a partire dal 3 novembre 2020).
Si tratta di un contratto collettivo “truffa” firmato il 15 settembre 2020 da Assodelivery (associazione che univa tutte le piattaforme di consegna a domicilio) e UGL ( sindacato “di comodo”) che, di fatto, ha estromesso tutti gli altri sindacati, sebbene più rappresentativi.
Tuttavia questo contratto collettivo non soddisfa nessuna delle richieste avanzate dai sindacati e dai rider.
Il lavoro resta autonomo, con tutto ciò che ne consegue: niente contributi, ferie o malattia.
C’è, sulla carta, uno stipendio minimo orario (10€/h), ma per determinarlo viene calcolato solo il tempo di consegna effettivo. Di fatto il cottimo resta il metodo di pagamento.
Questo accordo non viene riconosciuto dal governo, in quanto violerebbe la legge 128/19.
SVILUPPI SUCCESSIVI
Dopo lo sciopero del 30 ottobre scorso, la piattaforma Just Eat si è sfilata da Assodelivery e ha annunciato che avrebbe fatto uso anche in Italia del modello Scoober, già utilizzato dal gruppo in altri paesi del nord Europa, che prevede la possibilità di una assunzione e di una retribuzione fissa.
A partire dal 2021 ha previsto circa 3000 assunzioni, per le quali stanno procedendo le trattative con i sindacati.
Negli ultimi mesi, inoltre, due sentenze importantissime hanno segnato i primi passi decisivi per la tutela dei riders: la prima risale a fine novembre, quando il tribunale del lavoro di Palermo ha condannato Glovo non solo alla reintegra sul posto di lavoro di un rider che era stato “disconnesso”, ma anche all’obbligo di convertire il contratto da atipico in contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, quindi con uno stipendio orario.
È fondamentale sottolineare l’aspetto discriminatorio: in questo caso specifico, come ci spiega in un’intervista telefonica l’avvocato Olga Spena del Foro di Napoli Nord,
«La disconnessione dalla piattaforma ai danni del rider è stata giustamente considerata un atteggiamento ritorsivo nei confronti di chi protesta per le proprie condizioni di lavoro e per l’assenza di dispositivi di protezione individuale».
La seconda sentenza, invece, è del 2 gennaio 2021. In questa occasione il Tribunale di Bologna ha giudicato discriminatorio l’algoritmo Frank utilizzato dalla piattaforma Deliveroo, in quanto non opera alcuna distinzione tra i rider che non accedono all’area riservata dell’app per futili motivi e chi invece non vi accede per malattia o per esercitare il diritto di sciopero.
Per quanto il General Manager di Deliveroo Italy Matteo Sarzana spieghi che la sentenza fa riferimento a un sistema non più adoperato dalla piattaforma dal mese di novembre, resta il grande problema che da sempre denunciamo anche nel settore della ristorazione: la mancanza di una retribuzione di base che, nel caso dei rider, è aggravata dalla presenza di un CCNL che, di fatto, legittima il lavoro a cottimo, privando così i lavoratori e le lavoratrici del settore di quei diritti, di quelle tutele e di quelle garanzie di cui godono le persone con un contratto di lavoro, per così dire, regolare.
Nel caso di questa sentenza, occorre soffermarsi sul significato dell’accezione discriminatoria nei confronti dell’algoritmo. Sempre Olga Spena afferma:
«I rider vengono classificati in base a quella che è la loro disponibilità, in particolare alla disponibilità manifestata sulla piattaforma: più i riders si rendono disponibili, maggiore è il coefficiente che gli viene attribuito, in base al quale dipenderà la frequenza delle consegne proposte dalla piattaforma. Allo stesso modo, meno il rider si rende disponibile sulla piattaforma più il proprio coefficiente si abbassa, indipendentemente dal motivo della mancata disponibilità (magari, per ironia della sorte, un rider potrebbe aver contratto il covid proprio a causa della mancanza dei dispositivi di sicurezza individuali a disposizione dell’azienda).
In più, sempre in base a questo meccanismo, in caso di adesione a uno sciopero date le condizioni sopracitate –- pregiudicando quindi la connessione alla piattaforma –- viene automaticamente attribuito al rider un coefficiente più basso che lo porterà inevitabilmente alla disconnessione».
SITUAZIONE AD OGGI
È ripartita la trattativa tra Assodelivery e sindacati: i secondi vorrebbero applicare per i rider il CCNL logistica e un rapporto di lavoro subordinato con paga oraria. Assodelivery, invece, continua a ritenere valido il CCNL firmato con UGL il 15 settembre.
Le parti sono ancora distanti, ma non si può ignorare che in un periodo delicato come quello che stiamo vivendo a causa della pandemia, si stanno portando all’esasperazione quelle situazioni lavorative che erano già compromesse da ben prima del lockdown di marzo.
Inoltre, la generazione più giovane lavorativamente attiva – la più propensa a fare lavori saltuari come il rider “per arrotondare” – è nota per essere la generazione del precariato, la prima che, dal dopoguerra, ha minori prospettive lavorative ed economiche dei propri genitori.
Il “CCNL rider” è senza dubbio troppo poco ambizioso, troppo poco strutturato e per nulla finalizzato all’effettiva tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, ma solo a favorirne lo sfruttamento.
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