Condividere spazi e costi tra attività complementari potrebbe aiutare i gestori a superare la crisi e creare un’offerta inedita per i clienti

Già prima dell’emergenza Covid, a causa della contrazione della domanda e degli alti costi di gestione, erano state tante le imprese commerciali e artigianali che avevano dovuto abbassare le saracinesche. Ora, nel pieno della crisi sanitaria che stiamo vivendo, questo fenomeno si sta accentuando enormemente. Nelle vie delle città le luci delle vetrine e le insegne di molte attività, anche storiche, rischiano di spegnersi per sempre.
Si rischia in tal modo di perdere un prezioso tessuto di attività di vicinato che, oltre a costituire parte rilevante delle economie cittadine, svolge un rilevante ruolo sociale, perché permette alle persone di entrare in contatto le une con le altre. Senza contare l’importantissimo presidio che rappresenta. Una via con la presenza di negozi è sicuramente una via più frequentata e più illuminata e, quindi, più sicura.
Come fare per invertire questa preoccupante tendenza?
Alcuni comuni, ad esempio Torino e Pescara, già da alcuni anni hanno rivisto i propri regolamenti che stabiliscono i criteri per gli insediamenti commerciali ed artigianali, introducendo il cosiddetto “coworking”, ovvero la possibilità per commercianti ed artigiani di coesistere, ciascuno con la propria merce o i propri servizi e la propria licenza, in uno stesso locale, per condividere le spese d’affitto, le imposte, la manutenzione e le bollette.
Il titolare di una boutique di abbigliamento potrebbe decidere, insomma, di dividere il proprio negozio con una sarta. Un venditore di scarpe con un calzolaio. Librerie ed enoteche potrebbero condividere gli stessi spazi. E così via.
Le formule di condivisione degli spazi possono essere le più diverse: ci si rimette alla fantasia dei titolari e alle regole del mercato. L’obiettivo di questa riforma è quello di dare un’opportunità in più ai giovani creativi, che con il coworking possono abbattere i costi di avviamento dell’attività, ma anche ai vecchi imprenditori, che possono in tal modo innovare la propria offerta.
Questa riforma può dare una nuova spinta all’autoimpresa e mettere un argine alla desertificazione delle città, fenomeno che, per le ragioni sopra esposte, va risolutamente contrastato.
Mario Borgo Caratti
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