Se l’incidente in cui è morta Luana D’Orazio fosse stato causato da una mancata applicazione delle norme, non ci sarebbe di che stupirsi

La tragedia che ha visto protagonista la 22enne pistoiese Luana D’Orazio nella fabbrica tessile di Montemurlo è l’ennesima pagina triste per il mondo del lavoro.
Il caso specifico colpisce perché la vittima è una giovane madre, il che rende ancor più difficile esprimersi lucidamente sull’accaduto. Tuttavia non bastano più gli appelli e l’intenzione di rammentare quanto la sicurezza sul lavoro sia fondamentale: la legislazione c’è ed è anche piuttosto severa a tal proposito; il problema sono le poche attenzioni che vi vengono prestate all’interno dei luoghi di lavoro, non l’assenza delle norme.
Occorre riflettere su come invertire il trend. Nel 2019 le morti sul lavoro sono state 1156, di cui 318 in itinere, cioè sulla via per andare o tornare.
Il giornalista pratese Giorgio Bernardini ricorda come, nel 1980, Le Monde parlasse della mancanza di regole nel mondo del lavoro di Prato — città nota per l’industria tessile — con il titolo Hong Kong all’italiana, peraltro ben prima che la città diventasse una delle più grandi comunità cinesi d’Europa. Nulla a che vedere, quindi, con l’aspetto multietnico dell’attuale città di Prato, ma solo con le condizioni di lavoro nei suoi stabilimenti.
Sono passati 41 anni da quell’articolo.
È inaccettabile morire sul posto di lavoro a qualsiasi età, ed è doveroso per chiunque si occupi della Cosa Pubblica fare tutto il possibile per prevenire queste tragedie, non condannarle quando è ormai troppo tardi.
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