Legge i futuristi, ascolta i Muse e vuole cambiare una città che è molto meno ecologica e accogliente (e fresca) di quanto sembri da fuori.

Diego, tu ti candidi come portavoce di una Bolzano più sostenibile e rispettosa dell’ambiente.
A tutti noi che viviamo più a sud dell’Adige sembra assurdo, perché ce la immaginiamo come un paradiso ecologico. Su che cosa si può ancora migliorare?
Innanzitutto grazie per l’invito: sono davvero orgoglioso di fare parte della community di Terra Libera.
Le classifiche parlano chiaro: Bolzano, come Trento e Pordenone da cui provengo, si gioca ogni anno il premio di città col più alto tenore di vita. Ma le classifiche lasciano un po’ il tempo che trovano.
Bolzano, a mio avviso, è una grande bolla.
Da fuori sembra che tutto vada bene, ma entrando nel profondo dei processi sociali ed economici della città non è così.
Con Terra Libera condivido il pensiero ecologista e il fatto che debba essergli sempre unito il liberalismo economico: qui a Bolzano, nello specifico, da troppo tempo c’è un potere che amministra il territorio facendo soltanto i propri interessi.
A Bolzano c’è la stessa popolazione di Trento ma in un terzo della superficie, il che porta a una grande concentrazione degli edifici: mancano spesso le aree verdi per far respirare la città. Ma Bolzano negli anni è stata venduta al grande magnate austriaco BENKO.
Le amministrazioni che si sono succedute, insieme all’SVP, hanno stretto accordi con BENKO e hanno venduto la città.
Si sta cercando di costruire sempre di più lasciando da parte l’ecologia e il verde: noi non dobbiamo permettere che accada.
Quindi spiegami bene: con la complicità delle amministrazioni dell’SVP si è venuto a creare un grande monopolio edilizio?
Con il benestare del Comune, si è parlato di ambiente meno e con più filtri. Così questo magnate ha avuto in concessione tutte le grandi opere della città. Non va bene.
Faccio l’esempio dell’Areale: un grande progetto che è stato concesso a BENKO.
C’è stata anche la consulta popolare più lunga della nostra storia, durata mesi e mesi, per chiedere se il progetto dovesse essere confermato e quindi concesso al magnate austriaco o se andasse rivisto dalla Giunta.
La nostra proposta è che il progetto venga gestito da una società pubblica anziché da un unico speculatore, e che gli utili vengano ridistribuiti per farne guadagnare anche la città e i piccoli risparmiatori, non solo gli investitori e i politici che l’hanno permesso.
Questo, come gli altri grandi progetti, non tiene in considerazione il lato ecologico ma solo il portafogli dei loro investitori.
L’altro grande esempio è quello del progetto del Virgolo: la mia proposta è renderlo un centro commerciale ecologico, nel quale le famiglie possano vivere la città sotto delle alberature profonde immerse nel verde, non semplicemente andare al centro commerciale come tutti lo intendiamo, parcheggiarci la macchina e fare dello shopping.
Poterci andare in bici e poi salire con la funivia, così poter vivere una realtà più verde pur facendo girare l’economia e dando sostegno ai negozi locali.
Un’altra cosa che sembra assurda a noi che abitiamo più a sud è che Bolzano è una delle città col più alto tasso di emigrazione. Come si può rimediare? Bisogna convincere i giovani di Bolzano a rimanere? O è meglio attrarre persone da fuori?
Si tratta soprattutto di giovani. Nel 2019, nonostante un lieve calo del 6%, duemila persone sono emigrate in altri comuni dell’Alto Adige/Südtirol e trecento persone all’estero.
I giovani bolzanini non sono incentivati a restare qui. I motivi sono molti e le cose che si possono fare altrettante.
Uno dei punti del nostro programma è rivedere la formazione. La scuola deve essere finalmente plurilingue per adottare un modello scolastico moderno: basta scuole soltanto italiane o soltanto tedesche. Noi vogliamo che già nell’asilo nido i bambini possano giocare assieme, assimilando entrambe le lingue e superando fin da piccoli le famose gabbie etniche che Langer aveva rappresentato nel secolo scorso.
Un’altra idea che abbiamo è la messa online delle biblioteche comunali e universitarie, in modo che possa esserci un maggiore scambio di contenuti fra i giovani di lingue diverse.
Un altro problema è la bolla immobiliare. Vogliamo creare degli alloggi a prezzi accessibili per giovani studenti, sia bolzanini che fuorisede.
Per un giovane che si trasferisce qui a Bolzano è difficile vivere per il carovita e per il caroaffitti: io lo so bene, essendoci venuto per lavoro a ventidue anni da Pordenone.
Rendere più accessibile la città anche per questa fascia di popolazione è importante.
Ultima cosa: deve finire la colpevolizzazione dello svago del venerdì e del sabato sera. Bolzano non è attraente per i giovani anche per questo.
L’apice l’abbiamo toccato dopo la fine del lockdown: c’erano letteralmente le pattuglie davanti ai bar a controllare i giovani che in realtà volevano solo passare del tempo assieme dopo quel periodo che è stato difficile per tutti. C’è stato il divieto di consumo di cibo e bevande fuori dai bar. Le misure di contenimento della pandemia sono importanti, ma forse si è usata questa scusa per produrre un ulteriore capo d’accusa contro i giovani.
Così uno dice: “Se proprio mi devo trasferire, a questo punto piuttosto che a Bolzano me ne vado a Francoforte o a Berlino, dove trovo salari più alti, affitti più bassi e mi posso divertire la sera”.
Sarà importante in futuro copiare le best practices delle altre città. C’è sempre questo asse a cui si fa riferimento Trento-Bolzano-Innsbruck: bisogna aprire un tavolo di confronto, anche ad esempio sulla viabilità. Bisogna rendere Bolzano più accessibile, perché si possa approfittare delle grandi risorse e delle grandi opportunità che offre.
Mi hai parlato delle gabbie linguistiche nelle scuole. Ci sono ancora delle tensioni fra la comunità italiana e la comunità tedesca? Su che cosa? E che cosa si può fare per risolverle?
Le tensioni ci sono. Certo, il periodo nel quale c’era una netta divisione è passato: si è fatto tanto, grazie anche a tanti attivisti. Ci sono da ringraziare davvero i Radicali, che qui a Bolzano hanno combattuto battaglie importanti su questo punto. Si è fatto tanto, ma resta ancora tanto da fare: non c’è più una divisione sistematica fra le lingue, però ci sono i locali frequentati soltanto da persone di lingua tedesca e quelli frequentati solo da persone di lingua italiana.
Per superare questa divisione contano molto i comportamenti individuali ma anche i messaggi che arrivano dalla politica: una revisione dello Statuto di Autonomia secondo il quale (ad esempio) all’età di 16 anni bisogna ancora dichiararsi di madrelingua italiana, tedesca o ladina.
Vanno eliminati anche i concorsi a seconda della lingua. Qui in Alto Adige funziona così: se nel settore della sanità ci sono dieci posti per madrelingua italiani e dieci posti per madrelingua tedeschi, e un lavoratore di madrelingua tedesca va in pensione, il concorso per sostituirlo riguarda solo le persone di madrelingua tedesca.
È un modo di vedere la realtà sociale arretrato.
Chi è che può modificare lo Statuto di Autonomia?
Il lavoro maggiore va fatto in provincia. Sono accordi che poi vanno stipulati con il Parlamento nazionale, ma a partire da un lavoro fatto in provincia.
Fino a che non riusciremo a rovesciare questo potere che da sessant’anni governa in Alto Adige / Südtirol, purtroppo non ci sarà mai interesse nel sistemare la questione. Noi ci impegniamo a farlo.
Per conoscerti un po’ meglio: se dovessi dire un musicista, un pittore e uno scrittore in cui ti ritrovi?
Come pittore assolutamente Filippo Tommaso Marinetti, che peraltro è stato anche poeta e scrittore. È il maggiore esponente del futurismo italiano, il mio movimento artistico preferito poiché frutto delle guerre, delle tensioni e dei grandi cambiamenti del Novecento.
Il Novecento è stato il secolo che di più condiziona il nostro presente, è un peccato che spesso non si studi bene a scuola.
Marinetti, con il suo cambiamento di percezione delle distanze, del tempo e dello spazio, avvicina i continenti, crea nuove connessioni: deve essere un esempio per l’Alto Adige / Südtirol.
Come scrittore non posso che dire Pasolini, un po’ perché ha vissuto tantissimi anni a Casarza che è vicino a Pordenone, un po’ perché nel suo ultimo romanzo, Petrolio, parla di Karl, ingegnere torinese dell’Enel che in apertura di romanzo si suicida.
È un’opera rimasta incompiuta, ma denuncia un’Italia contadina distrutta, deturpata, inquinata e razionalizzata dal nuovo modello produttivo degli anni ’70 e ’80.
Noi di Terra Libera crediamo che l’ecologia debba stare al passo delle aziende e che queste non possano prescindere dall’ecologia. Il progresso può e deve esserci, ma solo nel rispetto del nostro mondo: negli anni ’80, ’80 e ’90 non è accaduto.
Una provocazione: secondo te sono molti gli ecologisti a cui piace Marinetti?
So di essere un unicum. Purtroppo le persone dividono progresso tecnologico, quindi anche spesso capitalismo, dall’ecologismo.
Non sono un fan delle filosofie della decrescita felice: non ci deve essere decrescita, né localmente né a livello mondiale. Quindi sono fan di Marinetti, ma penso che quel grande progresso e quelle grandi nuove connessioni create in quegli anni debbano essere prestate alla causa ambientale.
Ci manca la musica.
A me piacciono un sacco i Muse, che sono una band di rock alternativo britannico. L’anno scorso sono riuscito ad andarli a vedere a san Siro ed è stato il concerto della mia vita. Sono eclettici, passano dall’hard rock alle sinfonie classiche. Sono cresciuto con loro.
I Muse a San Siro concerto della vita. Se ti chiedessi invece il viaggio della vita?
Un paio di anni fa il mio direttore di allora mi ha detto da un giorno all’altro che sarei stato in ferie una settimana. Ho guardato su internet e ho trovato la super-occasione per andare a Oslo.
Era febbraio, la massima giornaliera era ‑6 gradi. Io sto molto bene al freddo! Ero venuto a Bolzano credendo di stare al fresco, e invece ho scoperto che è una delle città più calde d’Italia.
È stato davvero un viaggio importante. Era il primo che facevo da solo e ho potuto vedere come una società, con tutti i suoi difetti, ma diversa e più funzionale di quella italiana, possa essere aperta a tutto ciò che può arrivare dall’Europa e dal mondo. Ne sono rimasto innamorato.
Ho avuto anche l’occasione di abitare con una studentessa di là e di conoscere i suoi amici. Non abbiate paura di viaggiare da soli o di andare al cinema da soli: è un’esperienza importante.
Quali sono le virtù che deve avere un uomo politico?
Partiamo dal presupposto che sogno uno Stato gestito come un’azienda.
Io lavoro nella grande distribuzione per una multinazionale e so che chi è in gamba, s’impegna e produce risultati rimane a bordo, mentre gli altri vengono giustamente allontanati. Nello Stato non funziona così e mi piacerebbe che fosse più efficiente da questo punto di vista.
Venendo alla tua domanda: la base di qualsiasi politico deve essere la legalità. La legalità deve essere la strada per gli uomini per essere buoni.
Ma ci possono essere politici che pur nella legalità non fanno il bene comune. Quindi la virtù moderna della politica deve essere: qualsiasi ruolo abbia, è l’uomo che deve rendere migliore la politica, non la politica che deve rendere migliore l’uomo.
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