Il 16 febbraio sono stati accolti gli emendamenti per la direttiva europea sul consumo di alcolici, che prevedono l’inserimento dell’aggettivo “dannoso” laddove si cita il consumo di alcol come fattore di rischio cancerogeno. Da qui, si sono sollevate le voci di medici, fondazioni e associazioni, che sottolineano come, in realtà, non esista un consumo di alcol privo di rischi per la salute, ragion per cui, ritengono, gli emendamenti sarebbero stati da rigettare.
Sebbene, in realtà, delle linee guida sul consumo responsabile di alcolici esistano, e sebbene gli emendamenti in questione siano parte del Report finale della Commissione sul piano europeo di lotta al cancro, riteniamo che il problema non sia esclusivamente sanitario, bensì politico. Non è col divieto della pubblicità delle bevande alcoliche (giusto per prendere una delle misure proposte) che se ne limita il consumo smodato: come per ogni sostanza potenzialmente dannosa, andrebbe fatta una corretta campagna di sensibilizzazione all’uso consapevole.
Ricordo quando al liceo, durante l’ora di biologia, studiammo il sistema respiratorio e i rischi legati al fumo e allo smog: con due lezioni approfondite ci convincemmo quasi tutti o a smettere di fumare o comunque a limitare sensibilmente il numero di sigarette giornaliere. Nessuna campagna contro il fumo, niente terrorismo psicologico: semplice informazione oggettiva, sulla base di dati empirici forniti da un testo scolastico. Se a riuscire in una simile impresa è stata un’insegnante mediocre e svogliata, come può non farcela la politica?
La polarizzazione radicale del dibattito politico svilisce qualsiasi posizione e anestetizza il senso critico, inducendoci a non approfondire e ad affidarci al nostro politico di riferimento, che sulla nostra mediocrità intellettuale fa leva come si fa con un accendino per aprire una bottiglia di birra. Quello che è sbagliato è l’approccio paternalista di chi avanza determinate proposte, e il giustizialismo di chi quelle stesse proposte le critica.
Dopo la bocciatura del referendum Cannabis, con l’ok agli emendamenti sulla proposta europea legata al consumo di alcolici si è sollevata l’onda di indignazione accompagnata dal solito refrain “L’alcol uccide, la Cannabis no. Ipocriti!”, ma non è questo il punto: non è in qualche modo criminalizzando una sostanza che se ne regolamenta un’altra. L’ipocrisia è più da parte di chi avanza queste sterili critiche, anziché di chi dichiara inammissibili dei quesiti referendari giuridicamente nebulosi, sebbene idealmente condivisibili. Le libertà individuali riguardano tutti e tutte, nel senso che dovrebbero essere garantite a chiunque, con un libero accesso al mercato e una corretta informazione in materia, a prescindere dalla sostanza che si consuma, o il rischio è che il prossimo passo sia una criminalizzazione del caffè con lo scopo di combattere la pressione alta.
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