C’entra il modo in cui i grandi ristoranti sono strutturati più che la cucina in sé. E la tv, come al solito, ci mette del suo

Pensate ai nomi di 5 chef famosi. Quante sono donne?
Se invece pensate alla cucina e alla preparazione del cibo quotidiano chi vi viene in mente?
In risposta alla seconda domanda probabilmente vi verrà in mente una donna, magari una mamma o una nonna. Questo perché tradizionalmente sono sempre state le figure femminili ad occuparsi della cucina e ancora oggi, nella maggior parte delle case, è la figura femminile ad avere la totale responsabilità dell’organizzazione della spesa, della cucina e della preparazione dei pasti.
Ma che succede se ci spostiamo dall’ambito familiare alle cucine professionali, e quindi da un’attività gratuita ad una ben remunerata?
Ecco che in un attimo la responsabilità della gestione della cucina sarà quasi sempre nelle mani di un uomo. Le donne chef nel mondo sono appena il 4% su oltre 3.300 chef in 28 Nazioni. Una cifra impensabile se consideriamo che la preparazione del cibo è sempre stata un’attività, a differenza di tante altre, in cui il talento e le competenze delle donne sono comunemente riconosciute.
E allora perché solo il 4%?
La realtà è che gli chef sono considerati alla pari dei direttori aziendali che, più che cucinare, controllano e dirigono l’intero staff.
Sappiamo bene che per le donne l’accesso alle cariche manageriali risale a tempi molto recenti. In più il modello di organizzazione, ormai universale, delle cucine professionali è stato deciso da un uomo, Auguste Escoffìer, che si è ispirato al modello militare della brigata caratterizzato da rigiri ruoli e gerarchie. Un modello pensato da uomini per meglio organizzare altri uomini.
E così mentre l’occupazione femminile nel settore della ristorazione continua a crescere, superando anche quella maschile (52–48% nel 2019), permane una forte segregazione verticale per cui le posizioni apicali restano dominio degli uomini .
Nel 2019 lo chef pluripremiato Yannick Alléno, al quale era stato chiesto perché non vi fossero donne tra i 5 chef che aveva portato a rappresentare la Francia, rispose dicendo che le donne nell’alta cucina sono in numero minore poiché per molte risulta difficile conciliare i ritmi serrati del lavoro con la cura dei figli e della casa.
Una risposta tanto sconcertante quanto comune e che riflette a pieno la matrice del problema: non cercare soluzioni a discriminazioni strutturali, ma comportarsi di conseguenza non porta ad altro che a rafforzare gli ostacoli che ogni giorno le donne cercano di superare, dovendo sempre fare e dimostrare più del necessario.
Specchio e amplificatore dei problemi reali sono i mezzi di comunicazione. Nei programmi televisivi, seguiti da milioni di spettatori, ritroviamo ben rappresentati gli stereotipi della nostra società.
Le celebrity chef di programmi di cucina sono quasi sempre solo uomini, mentre le donne mantengono un ruolo da protagoniste in quei programmi dove la cucina è quella di casa.
Basti guardare i programmi di cucina italiani più seguiti:
- Masterchef
- Cucine da Incubo
- 4 ristoranti
- La prova del cuoco
- I menù di Benedetta
I primi tre a predominanza (quasi assoluta) maschile con giudici uomini, a capo di tutti i concorrenti, che possono sentenziare senza timore e viaggiare alla scoperta dei luoghi e talenti migliori.
Gli ultimi due a predominanza femminile, dove il set e l’organizzazione riprendono l’ambiente di casa e il perfetto stereotipo di donna in cucina in cerca della ricetta più rapida e gustosa per sorprendere famiglia e amici.
Questi stereotipi non fanno altro che rallentare i cambiamenti di cui abbiamo bisogno per sradicare secoli di cultura patriarcale. Il ruolo dei media dovrebbe essere quello di facilitare questi cambiamenti, molto più difficili e lenti da attuare nella società.
Spesso la giustificazione data dai media per l’assenza di donne giudici è che non ci sono chef stellate e alla pari dei rinomati chef uomini, che ormai (anche per chi non segue i programmi) sono diventati icone e role model.
Ma c’è un dato sull’Italia che mette a tacere ogni tipo di giustificazione: un terzo delle chef stellate del mondo sono italiane e vantiamo anche 2 chef tristellate su un totale di 5 nel mondo.
Siamo il paese con la maggiore presenza femminile nelle alte cucine e abbiamo quindi tutte le carte (e aggiungerei il dovere) per portare avanti un processo di cambiamento a partire dai media, garantendo finalmente a donne e uomini pari opportunità e visibilità.
La costruzione di role model è uno degli aspetti più funzionali per velocizzare e sradicare stereotipi ultra-consolidati come quello che le chef donne non possano garantire la stessa sicurezza nella gestione di brigate importanti.
Il settore della ristorazione sta vivendo una profonda crisi ed è questo il momento di reinventarsi ed includere il talento, le idee e le prospettive femminili, per troppi secoli discriminate e assenti. Potrebbe rivelarsi la soluzione vincente per una piena ripresa.
È quindi necessario rimuovere al più presto gli ostacoli per la partecipazione femminile.
Nella nostra proposta sulla ristorazione abbiamo parlato di “come correggere le più gravi storture del settore” e accennato anche a delle proposte per eliminare le discriminazioni di genere. Continueremo ad approfondire la questione ma nel frattempo vi suggerisco, da oggi in poi, di provare ad essere come il giornalista che nel 2019 chiese a Yannick Alléno spiegazioni sull’assenza femminile.
Dobbiamo pretendere che anche le donne siano protagoniste in questo settore, dove il loro talento è da tempo indiscutibile ma ancora troppo poco riconosciuto e valorizzato.
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