
La retorica sull’acqua “senza prezzo”, “bene comune” o “diritto garantito” funziona solo nella misura in cui diamo per scontato che sia infinita.
Nel giorno in cui cominciasse a scarseggiare, seguirebbe all’istante la legge della domanda e dell’offerta dei beni necessari, e di colpo ci renderemmo conto di quanto vale.
Se vogliamo che quel giorno non arrivi mai, dobbiamo assicurarci che la gestione del patrimonio idrico sia quanto più efficiente possibile.
Al momento, però, la maggior parte dei Comuni italiani (soprattutto al Sud) ha l’acqua gestita da piccole aziende in-house o municipalizzate, che non hanno risorse da investire o sufficienti competenze per migliorare il servizio.
Per questo è vitale dare seguito il prima possibile ai buoni propositi del PNRR sulla rimessa a gara del servizio.
L’acqua non potrà mai essere “venduta ai privati” (la Costituzione lo vieta) e chi diffonde questa favola finge di non conoscere la differenza tra concessionario e proprietario.
Può essere, però, data in gestione a chi offre il miglior servizio possibile: privato, pubblico o misto che sia.
Perché continuerà ad essere un “bene comune”, un “diritto garantito” e “senza prezzo” solo se inizieremo a gestirla razionalmente e senza sprechi.
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